Uno dei più grandi affari di questa era tecnologica sono i cosiddetti “Big Data”. In questo articolo esamineremo in dettaglio come grandi società “vendono le nostre vite”. L’articolo è redatto in modo semplice, per far capire quanto ormai sia pervasivo e preoccupante, nelle nostre vite, questo gigantesco e vorticoso mercato dei dati.
Innanzitutto occorre dire che anche il mercato italiano ha un valore rilevante, non crediate che questi problemi siano relegati solo alla società statunitense. Società enormi chiamate Acxiom, Experian, Equifax e tante altre riescono a trarre enormi profitti dalle informazioni raccolte a livello globale.
I nostri dati sensibili, personali, anche le nostre emozioni, sono sul mercato, spesso venduti al migliore offerente. I dati estratti dalle nostre vite procurano guadagni da capogiro, quasi inimmaginabili per noi comuni mortali.
Facebook, ad esempio, con i suoi due miliardi di profili è riuscito a creare una capitalizzazione di Borsa di oltre 500 miliardi di dollari in pochi anni (quale altra attività umana ha creato un valore così incredibile in così poco tempo?).
Altre società che trafficano con i “big data”, immagazzinano anche le nostre emozioni, tutto pur di poter riuscire a vendere pubblicità in modo più mirato e ciò naturalmente avviene a nostra insaputa. Non crediate comunque che sia un problema riconducibile solo a Facebook, anche Youtube, Amazon, Google e molti altri continuano giorno dopo giorno ad immagazzinare dati sulle nostre vite.
Un problema che dovremo affrontare seriamente nei prossimi anni
Occorre ormai prendere coscienza che questi monopolisti del Web possono arrivare a condizionare milioni di persone perché hanno accumulato un patrimonio di conoscenze inimmaginabile. Ben venga il clamoroso scandalo Facebook se ciò servirà a risvegliare parecchie coscienze, soprattutto a livello politico e legislativo.
Un esempio è la società chiamata Acxiom, con sede
nell’Arkansas, era nata dapprima come una semplice società
demografica poi decise di entrare nel mercato più redditizio della raccolta dati a fini politici. Axciom, recentemente, sarebbe stata tirata in ballo da qualcuno poiché avrebbe ricevuto un enorme numero di profili dalla piattaforma Beppegrillo.it. Le successive indagini del Garante
non hanno comunque potuto indagare in profondità anche perchè la piattaforma è stata successivamente chiusa.
Alcuni calcoli considerano che Acxiom ha nei propri database i dati di circa 1 miliardo di persone ed ha oltre 8.000 clienti in tutto il Mondo.
Davanti a diversi reclami sull’utilizzo di quanto raccolto, la società ha risposto dando ai consumatori una certa visibilità su quali informazioni siano state catalogate, consultabili attraverso il sito web aboutthedata.com. Dati che, assicurano, sono eventualmente cancellabili (ma sarà poi vero? Chi controlla l’effettiva cancellazione?)
Equifax è un’altra società creata addirittura nel lontano 1899, recentemente è stata presa d’assalto da alcuni cracker che hanno rubato dati di oltre 230 milioni di persone.
Informazioni dettagliate di questo genere valgono un sacco di soldi e anche i criminali informatici vanno a caccia di dati che riguardano le fasce di reddito, preferenze politiche, sessuali, religiose e molto altro. Un incredibile quantità di queste informazioni finisce sicuramente in un “mercato nero”, attraverso il Deep Web e vengono venduti a chissà chi in maniera sconsiderata, senza alcun controllo. Un furto simile di profilazioni, oltretutto, espone società e persone ai temibili attacchi di ingegneria sociale.
Equifax finì nell’occhio del ciclone già negli anni ’70 quando si scoprì che “scandagliava” la vita delle persone catalogando le preferenze sessuali e altri dati sensibili per offrire profili statistici sulla restituibilità di mutui e prestiti.
Negli archivi ha ormai dati su oltre un miliardo di persone e macina oltre tre miliardi di dollari di fatturato l’anno.
Altra società è Corelogic, molto attiva nei mercati di lingua inglese. La sua banca dati ingloba ormai 1 miliardo di transazioni immobiliari e circa 100 milioni assegnazioni di mutui.
Nielsen, altra famosissima società, la prima a catalogare in modo ossessivo e anche preciso i dati di ascolto televisivi, radiofonici e negli ultimi anni anche i siti Web.
Le società che guadagnano con i nostri dati a livello globale “big data” sono ormai tante, almeno quelle che lavorano ufficialmente, potremmo citare: Experian, Lexis Nexis, TransUnion, Intelius, DataLogix, Epsilon data management, Fair Isaac, Experian, Harte-Hanks.
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Molti analisti ormai considerano di un consistente valore anche il mercato italiano dei dati, ovviamente non paragonabile al mercato americano o asiatico. L’Osservatorio PoliMi (Politecnico di Milano) ha calcolato oltre 1 miliardo di dati italiani immagazzinati, mentre l’Idc institute arriva a considerarne oltre 4,6 miliardi, secondo una indagine svolta nel Dicembre 2016 su incarico della Commissione europea.
Tutti questi giganti del web mondiali, Cina compresa, dovranno però cominciare a fare i conti, a partire dal 25 Maggio, con il Regolamento europeo sulla protezione dei dati personali (RGPD) nel quale, chi violerà le regole , verrà sottoposto a sanzioni molto pesanti, fino al 4% del bilancio societario.
Rimane però un problema: come si faranno i controlli su un “prodotto” digitale decisamente etereo come le informazioni immagazzinate in database, magari su server esteri?
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