L’automazione sarà il futuro: è una affermazione che non deve lasciare basiti, dal momento che l’automazione è già il presente in molti settori. Questo è quanto emerso, tra i tanti altri aspetti, al Festival del Lavoro 2017, che quest’anno si è tenuto a Torino Lingotto. Ma che futuro aspetta alcuni categorie di lavoratori in questo prossimo mondo robotico?
La discussione al Festival del Lavoro 2017 circa il futuro dell’industria e delle professioni, in relazione alla sempre maggiore presenza dell’automazione, ha visto l’espressione di punti di vista diversi. Ciò che emerge, alla fine dei conti, è la concordanza nella certezza che il mondo del lavoro sia destinato ad essere rivoluzionato.
Molte delle attuali occupazioni saranno obsolete in un futuro più o meno remoto, altre saranno modificate ed alcuni nuovi impieghi nasceranno e si affermeranno. E’ ancora presto per dire se questi cambiamenti porteranno ad un complessivo miglioramento o peggioramento della situazione sociale, il timore di una ripercussione negativa è presente, ma non deve trattenere dall’accogliere l’innovazione, la quale volente o nolente si affermerà.
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Quello che si è cercato di fare al Festival del Lavoro 2017 è stato analizzare in dettaglio l’attuale incidenza dell’automazione nel settore industriale, provando a prevedere quali potrebbero essere i cambiamenti a breve termine e quali particolari professioni potrebbero essere a rischio di scomparire o di subire cambiamenti radicali.
Il World Economic Forum non ha offerto una previsione ottimistica: la stima proposta prevede, considerando insieme i primi quindici paesi industrializzati del mondo, una perdita a causa dell’automazione di 7,1 milioni di posti di lavoro, a fronte della creazione di soli 2,1 milioni di nuovi posti occupazionali. Questo creerebbe una perdita netta di 5 milioni di posti di lavoro, la quale avrebbe una notevole ripercussione sulla situazione sociale e sul benessere dei cittadini.
Anche l’Italia è stata presa in analisi durante il Festival del Lavoro di quest’anno: il nostro Paese è impegnato nel portare l’automazione nelle industrie ed investe in questo settore, sebbene bisogna sottolineare che gli investimenti sono inferiori rispetto a quelli di altri paesi. Facendo riferimento ai dati dell’Osservatorio, l’Italia è attualmente il Paese che investe di meno nel campo ricerca e sviluppo, dirottando verso questa voce solo l’1,33% del pil nazionale, una quota molto diversa ad esempio rispetto al 2,83% della Germania.
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Un altro dato su cui l’Italia dovrebbe migliorare è quello relativo alla formazione dei lavoratori, ambito in cui bisognerebbe sensibilizzare le aziende, facendo capire loro l’importanza di avere lavoratori sempre aggiornati e pronti ad apprendere nuove competenze. In Italia solo il 9,3% dei lavoratori totali dichiara di impegnarsi in un processo di formazione continuativo, una percentuale inferiore alla media europea (14,6%) e che si discosta ancora di più dai modelli virtuosi di formazione, in primis la Danimarca con una percentuale di formazione continua dei lavoratori del 33,1%.
La discussione si è trasferita poi sui nuovi contratti, per una valutazione delle assunzioni e dei posti di lavoro. Quello che è emerso è che negli ultimi cinque anni si è avuta in totale una crescita degli assunti, con circa 300.000 nuovi posti di lavoro, ma bisogna fare una importante precisazione: l’aumento dei lavoratori è stato caratterizzato dall’impiego di figure poco specializzate o non specializzate, mentre non si è osservato un cambiamento rilevante per i lavoratori altamente specializzati.
Il mondo del lavoro cambierà profondamente con l’automazione
La conclusione dell’analisi della situazione economica e lavorativa del nostro Paese è che, al momento, in Italia non si vedono ancora i segni caratteristici di quella che potrebbe essere a breve la quarta rivoluzione, con un largo ingresso dell’automazione in diversi settori.
Ciò che ci si chiede è quali professioni potrebbero essere a rischio e quali invece risentirebbe meno dell’automazione. La risposta a questa domanda arriva dall’Istat e dall’Isfol: sicuramente le figure professionali legate all’ambito informatico diventeranno più attrattive per i datori di lavoro, non subiranno grandi cambiamenti quelle legate alla comprensione della psicologia umana ed alla salute, mentre registreranno un calo di attrattiva le figure professionali semi-specializzate e che fanno delle abilità manuali il loro principale punto di forza.
Al momento solo il 20% circa delle aziende Italiane medio-grandi ha inserito in modo cospicuo l’automazione nel processo di produzione e dall’analisi dei posti di lavoro è emerso che il bilancio complessivo consta di un aumento di 70.000 unità, con un cambiamento però della proporzione tra i lavoratori poco o mediamente specializzati e quelli altamente specializzati, a favore dei secondi.
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