La notizia, tutto sommato, è arrivata inaspettata: Google non pubblicizzerà più né le cripto-valute né le Ico. Facebook ha addirittura anticipato Google dalla fine del mese di Gennaio di quest’anno. I due giganti del Web hanno deciso di correre ai ripari visto il proliferare di offerte poco chiare, qualche volta anche truffaldine. BigG, inoltre, ha dichiarato che monitorerà con attenzione la pubblicità di tutti quei prodotti finanziari che promettono facili guadagni.
Oltre alle classiche monete digitali tipo Bitcoin, Ethereum ed altre, l’attenzione di Google si è incentrata anche sulle Ico, dove spesso sempre più aziende rastrellano denaro, creando una propria valuta virtuale dal bassissimo valore al momento dell’emissione ma che, poi grazie alla pubblicità, crea una specie di catena di Sant’Antonio generando ricchezza solo per chi ha creato la Ico stessa.
Dati allarmanti pubblicati da Google
Il report “bad ads” è un corposo rapporto dove Google presenta abitualmente i dati relativi alle pubblicità pericolose: durante tutto il 2017 sono state rimossi 3,2 miliardi di annunci pubblicitari ritenuti controversi, addirittura quasi il doppio rispetto ai 1,7 miliardi di annunci cancellati durante il 2016. Le anomalie di questa cattiva pubblicità variava dai messaggi verso siti infetti da malware alle pubblicità ingannevoli, fino ad annunci di siti che violavano le norme dei diritti d’autore.
Il problema di questi giganti del Web, Google e Facebook, è che spesso si ritrovano in complicate controversie sia fiscali che legali con diversi singoli stati e Unione Europea.
A finire nel blocco pubblicitario ci sono quindi anche le cripto-valute, non tanto per il loro rischio intrinseco, attualmente ne sono censite oltre 1560 per una capitalizzazione totale attorno 350 miliardi di dollari), quanto per il fatto che sia un mercato senza alcuna regola.
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Occorre certamente considerare che le cripto-valute non sono, per propria natura, centralizzate, quindi gestite da una banca, senza alcuna possibilità che una qualsiasi autorità ne gestisca quantità o quotazione. Tutto ciò non piace ai vari Paesi che stanno cercando un modo per regolamentarle o bloccarle.
La Cina ha già provato in passato a cercare di regolare questo mercato virtuale, ma ha fallito. La Corea del Sud sta provando in questi mesi, ma anche qui sarà difficile bloccare questo tipo di transazioni.
La Russia sta pensando di bandire del tutto i Bitcoin, così come hanno fatto Bangladesh, Ecuador, Bolivia, Kirghizistan e Nepal, ma occorre considerare che quest’ultimi paesi sono mercati secondari con un impatto molto limitato sulle cripto-valute.
Svizzera all’avanguardia nel mercato delle monete digitali
La Svizzera, invece, maestra dei mercati finanziari di ogni genere, ha deciso di diventare un hub globale per le valute virtuali, proponendo a tutta la Svizzera (e al sistema bancario) un nuovo modello di business. Solo nel 2017, le Ico lanciate in Svizzera hanno raccolto 550 milioni di dollari, arrivando addirittura al 15% del mercato mondiale. Prossimamente in Svizzera le Ico (e le monete virtuali) saranno trattate come avviene per i titoli azionari.