AlphaGo, il software sviluppato dalla DeepMind di Google e creato esclusivamente per giocare a Go (gioco di strategia risalente all’antica Cina), da anni vince a mani basse contro tutti. Ultimamente, però, il software ha avuto una nuova evoluzione, quasi rivoluzionaria…
Ora AlphaGo impara da solo: l’intelligenza artificiale vince senza alcun aiuto umano. Un recente articolo sulla celebre rivista scientifica Nature ha mostrato come questa nuova versione del software non analizza più le archivi delle partite dei campioni per imparare, in realtà adesso gioca milioni di partite contro se stesso per accumulare nuove, strabilianti, strategie.
Cosa è esattamente il gioco cinese Go
Go è una sfida ideale per misurare le intelligenze umane e quelle artificiali, forse ancor meglio del classico gioco degli scacchi. In pratica, durante il gioco, occorre conquistare una zona del tavoliere maggiore di quella controllata dall’avversario. La sfida si esplica disponendo le proprie pedine, chiamate “pietre”, in modo tale da non poter essere catturate dall’avversario. AlphaGo, software creato dalla divisione cibernetica di DeepMind (proprietà Google), ormai vince contro tutti da anni. Lo scorso Maggio questa intelligenza artificiale ha battuto il numero uno al mondo, il 19enne cinese Ke Jie. Anni di continui successi per questo software dopo aver già battuto campioni europei e il celeberrimo campione coreano Lee Se-dol (18 titoli del Mondo). Google ha però annunciato un “update” del suo software, una versione che molti tecnici informatici giudicano “incredibile”
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La nuova versione è denominata Alpha Go Zero ed ha battuto la vecchia versione software con un risultato assoluto: 100 partite a zero in soli tre giorni. La cosa impressionante è come si è arrivati a questo nuovo livello di potenza: Alpha Go Zero ha “semplicemente” giocato milioni di match contro se stesso. In pratica è stato programmato con le regole base di questo gioco, ma ha “saltato” direttamente tutti gli archivi delle partite già fatte dai campioni, gli è stato semplicemente imposto di giocare sempre contro se stesso per migliorarsi continuamente. Un passo davvero importante per costruire una vera intelligenza artificiale, che con pochi dati a disposizione, è capace di creare autonomamente delle proprie esperienze per migliorarsi rapidamente.
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Le nuove intelligenze artificiali sono pronte?
Non è così semplice, anche se questa notizia sembra davvero incredibile (autoapprendimento di una intelligenza artificiale). Le intelligenze artificiali hanno, ancora adesso, due problematiche molto difficili da risolvere: la prima è il catastrophic forgetting (“dimenticare catastrofico”). Per semplificare: una intelligenza artificiale mostruosa capace di battere chiunque nel gioco cinese GO, non potrà mai applicare queste conoscenze al gioco degli scacchi e viceversa (mentre la mente umana è molto, ma molto più duttile in questo senso). Il software dovrebbe di nuovo apprendere tutto da capo, per capirci un altro semplice esempio: è come insegnare ad un bambino a dare un calcio ad un pallone da calcio, poi subito dopo chiedergli di tirare invece una pallina da tennis con una mano. Un bambino riesce facilmente a “scombinare” questi due semplici gesti, un software artificiale (senza modifiche) non potrebbe compiere l’atto.
Secondo problema: non è ancora una vera coscienza individuale
AlphaGo Zero è mostruoso nei calcoli, ma una tale intelligenza artificiale finirebbe subito Ko in una partita a Bridge contro due avversari umani di discreto livello. Il gioco del Bridge è molto più sottile e psicologico, rispetto ai giochi di puro calcolo come gli scacchi o il cinese Go. Gli avversari possono “fintare”, “rischiare”, utilizzare un linguaggio in qualche modo incomprensibile durante il gioco e il software finirebbe in confusione non avendo solide basi a cui appoggiarsi.
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Esistono quindi ancora degli enormi limiti rispetto alla mente umana: forse parlare di “intelligenza artificiale” è ancora troppo presto. E’ troppo facile per questi software trionfare in puri calcoli matematici e di memoria, quando, invece, si entra nel campo umano più specifico, la mente umana è incredibilmente molto più sofisticata e difficile da replicare (per fortuna). Anche perché ci risuonano ancora in mente le parole dell’astrofisico Hawking: “lo sviluppo di una vera intelligenza artificiale, con piena coscienza, potrebbe segnare la fine della razza umana”.
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