Una truffa che ha coinvolto molte persone, una semplice foto di WhatsApp consente di togliervi un sacco di soldi.
A scriverlo sembra incredibile, soprattutto in questa era tecnologica, ma ormai il fenomeno è così dilagante che non se ne può non parlare. E’ sufficiente inviare la foto di un assegno compilato per finire nei guai. Ma procediamo con ordine…
Alcune associazioni per la difesa dei consumatori hanno denunciato una pratica che si sta allargando a macchia d’olio ed ha messo nei guai un bel po’ di cittadini. Il problema è che l’incredibile, a volte, si tramuta in realtà con il benestare di alcune banche.
Descriviamo la modalità standard di questo tipo di truffa
Il truffatore mette in vendita un’auto di seconda mano, inserendo un annuncio online. Dopo le classiche trattative, magari anche per tirare un po’ giù il prezzo, si arriva ad un accordo tra venditore ed un acquirente.
Il truffatore vuole essere pagato con assegno
Ormai l’accordo è quasi fatto, il venditore/truffatore fa però sapere che accetta solo pagamenti con assegno. Quindi chiede una foto dell’assegno compilato come garanzia e buona volontà di concludere l’affare. Tutto sommato la vittima è anche soddisfatta della richiesta, perché non deve versare alcuna caparra, né un accordo preliminare. In fondo mandare una foto via WhatsApp non è un problema.
Totò e Peppino negli anni di Internet
Invece l’acquirente è incappato in una brutta truffa. Infatti il truffatore utilizza la foto dell’assegno per stamparlo in alta definizione. L’assegno contraffatto viene portato in banca e il più delle volte riesce ad incassarlo. Non è una barzelletta o leggenda metropolitana, non è una fake news anche se lo sembrerebbe a tutti gli effetti: questo tipo di truffa è molto diffusa, in particolar modo nel mercato delle auto usate.
La vittima, ad un certo punto, non riesce più a raggiungere il “venditore” al telefono, passano dei giorni e si accorge improvvisamente che mancano dei soldi dal proprio conto corrente. Un rapido controllo e rimane allibito: la cifra è la stessa di quell’assegno che aveva inviato in foto, via WhatsApp.
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La negligenza delle banche
Un semplice pezzo di carta è stato trattato dagli impiegati di banca come se fosse stato un vero assegno. C’è la netta evidenza che vi siano casi di compiacenza, ma la maggior parte delle volte si tratta di negligenza dell’impiegato. In effetti basterebbero alcune semplici verifiche per capire che si tratta di un caso di contraffazione.
Occorre infatti sapere che la carta di un assegno non è semplice carta: mancanza totale di fluorescenza, filigranata e deve incorporare stelline, coriandoli o altri elementi cangianti che cambiano colore o luminosità inclinando l’assegno.
Inoltre una semplice lampada ad ultravioletti, come quelle utilizzate in molti negozi per le banconote, riesce in pochi secondi a svelare che l’assegno è falso.
Un problema sono invece le nuove tecniche di archiviazione degli assegni bancari
Oggigiorno gli assegni cartacei non “viaggiano” più tra una banca e l’altra. Gli istituti di credito ormai si scambiano le informazioni in forma esclusivamente elettronica. In pratica, allo sportello, il titolo cartaceo viene scannerizzato e la carta verrà conservata solo per sei mesi. Negli archivi rimarrà solo l’immagine “fotografata”. E’ comunque evidente, che prima di archiviare digitalmente l’assegno, allo sportello dovrebbero verificare che l’assegno sia originale.
La notizia incredibile è che molti assegni truffaldini sono stati però versati al buio, senza alcuna verifica, neanche quella della “diligenza del buon padre di famiglia” come dice il Codice Civile.
Ad ogni modo non solo gli assegni, fate attenzione anche alle nuove truffe con PayPal, perdere soldi basta poco, se ne inventano di tutte.
Responsabilità al 50% con il truffato
Sia l’Abi che la Cassazione, hanno diviso le responsabilità al 50% tra la banca emittente (condannata a restituire metà della cifra alla vittima) e la vittima stessa per non aver preso tutte le precauzioni del caso.
Anche il risarcimento a metà sembra una ingiustizia giuridica: è talmente ovvio che non si può paragonare la competenza della vittima con quella di un impiegato di banca. Le responsabilità delle due figure sono assolutamente differenti, anche le informazioni e conoscenza dei rischi.
Complice di tutto è anche la scannerizzazione dell’assegno (tecnicamente chiamato “check truncation”). Una immagine digitale inviata elettronicamente alla banca emittente fa risparmiare un sacco di tempo, ma riduce la possibilità di ulteriori controlli materiali dell’assegno.
Quindi ricordatevi: mai inviare in giro foto di assegni compilati.
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